CCNL Terziario: indennità di mancato preavviso
Anche nel CCNL Terziario è riconosciuta l’indennità di mancato preavviso, ma vediamo prima i fondamenti giuridici.
Ai sensi dell’art. 2118 c.c. sia il dirigente sia il datore di lavoro possono recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, purché venga dato un congruo preavviso all’altra parte contraente.
Il preavviso è, dunque, l’arco temporale che decorre dal momento in cui il dirigente, o il datore di lavoro, dichiara di voler recedere dal contratto di lavoro determinando il giorno effettivo della cessazione del rapporto lavorativo.
Durante tale lasso di tempo il rapporto di lavoro continuerà a produrre i suoi effetti tipici: il lavoratore sarà tenuto ad eseguire la propria prestazione ed il datore a corrispondere la retribuzione. Inoltre, continuerà a decorrere l’anzianità di servizio e ad essere applicati i trattamenti economico-normativi.
Il periodo di preavviso[2] è solitamente disciplinato dai contratti collettivi nazionali di categoria e varia in base sia alla qualifica che all’anzianità di servizio.
Per quanto concerne il CCNL del Terziario, Distribuzione e Servizi, per determinare il lasso temporale del preavviso, è necessario distinguere il caso di licenziamento del Dirigente da quello della cessazione del rapporto di lavoro:
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Quando i suddetti termini non vengono rispettati dall’una o dall’altra parte, il trasgressore è tenuto a versare un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
L’indennità, tuttavia, non sarà dovuta durante il periodo di prova, nel caso di licenziamento per giusta causa, quando il contratto si risolve consensualmente e nell’accordo di risoluzione non è previsto né il preavviso, né l’indennità sostitutiva del preavviso e, infine, nel caso in cui il lavoratore venga promosso ad una qualifica superiore ed il contratto prevedeva la cessazione del vecchio rapporto di lavoro e la sottoscrizione di uno nuovo senza soluzione di continuità.
L’indennità, invece, è sempre dovuta quando il dirigente si dimette per giusta causa, o il rapporto si risolve per morte del lavoratore o per fallimento o liquidazione coatta amministrativa della società datrice di lavoro. A tutela delle lavoratrici, poi, l’indennità è a loro dovuta anche nel caso in cui la stessa si dimetta durante il periodo di divieto di licenziamento per gravidanza e puerperio oppure quando venga reintegrata nel posto di lavoro dopo essere stata illecitamente licenziata a causa di matrimonio ed, invece di riassumere il servizio, opti per la risoluzione del contratto[3].
Come accennato sopra, tale indennità viene computata sulla base della retribuzione percepita dal dirigente al momento del recesso, ed in particolare, l’art. 2121 cod. civ.[4], stabilisce che, si deve tener conto per il calcolo del parametro di riferimento mensile dell’indennità, di una serie di emolumenti (oltre alla retribuzione mensile) quali, le provvigioni, i premi di produzione, le eventuali partecipazioni agli utili o ai prodotti e ogni altro compenso di carattere contributivo, ad esclusione delle somme corrisposte a titolo di rimborso spese. Fa parte della retribuzione anche l’equivalente del vitto e dell’alloggio dovuto al lavoratore.
Ai fini del calcolo dell’indennità, nel caso in cui, invece, il dirigente sia retribuito in tutto o in parte con provvigioni o premi di produzioni o partecipazioni, l’indennità di preavviso è determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato.
Considerando, infine, i contratti a tempo indeterminato stipulati nel regime delle c.d. tutele crescenti[5], nel caso in cui il licenziamento sia stato intimato da un datore di lavoro che non era in possesso dei requisiti dimensionali e non venga contemplata una riassunzione ma un risarcimento del danno subito, a quest’ultimo dovrà anche aggiungersi l’indennità di mancato preavviso in base all’anzianità di servizio del dirigente licenziato.
Da ultimo, l’indennità dovuta a favore del dirigente rientra nella base imponibile contributiva dal momento che, nel periodo del preavviso non prestato sono riconosciuti al lavoratore i diritti e gli emolumenti che gli sarebbero spettati nel corso del rapporto di lavoro, compresi dunque i contributi previdenziali a suo favore, con la conseguenza che la somma in questione risulta assoggettata al regime contributivo ordinario per tutte le somme a carico dei lavoratori, nonché per l’ammontare a carico del datore.
per approfondimenti: marcopola@npassociati.com – Avvocato del lavoro