L’incentivo all’esodo del dirigente
La risoluzione del rapporto di lavoro con il dirigente con incentivo all’esodo dal parte del datore di lavoro comporta il pagamento di un corrispettivo economico in favore del lavoratore ma non solo; l’incentivo potrebbe essere costituito anche da una consulenza esterna (con spese a carico del datore di lavoro) in favore del dirigente per agevolare la sua ricollocazione ne mondo del lavoro (outplacement), la concessione di benefits ovvero il prolungamento di alcune coperture assicurative in favore del dirigente anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Da non dimenticare, inoltre, tra le intese che possono caratterizzare la risoluzione del rapporto di lavoro con incentivo in favore del dirigente, la rinuncia da parte del datore di lavoro ad esercitare l’eventuale patto di non concorrenza.
Nella prassi, peraltro, l’accordo relativo alla risoluzione del rapporto di lavoro con incentivo deve essere formalizzato all’interno di un verbale di conciliazione, necessario al fine di evitare gli effetti dell’art. 2113 cod. civ., formalizzato in apposite sedi (cosiddetta sede protetta). Occorre, infatti, ricordare che il lavoratore, laddove l’accordo relativo alla risoluzione del rapporto di lapporto di lavoro non sia stato concluso in sede protetta, avrebbe facoltà di uimpugnare in sede giudiziale, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, le intese e le rinuce intervenute dopo la cessazione medesima.
Nell’accordo, il Dirigente rinuncia alla prosecuzione del rapporto di lavoro, in cambio il datore di lavoro corrisponde al suo dipendente degli incentivi che ci accingiamo ad esaminare anche con riferimento alla loro tassazione.
Dobbiamo, anzitutto, evidenziare che il Dirigente, al momento della cessazione del rapporto di lavoro ha sicuramente diritto a percepire il trattamento di fine rapporto (TFR) mentre perde (solo formalmente, come di seguito esposto) il diritto alle indennità di mancato preavviso previste nel caso di licenziamento o dimissioni.
Per quanto concerne l’incentivo all’esodo, l’iter per il raggiungimento di un accordo prevede i seguenti steps:
- concordare un metodo di calcolo dell’incentivazione: si potrà stabilire una cifra determinata, oppure un determinato numero di mensilità della retribuzione, precisando le voci componenti la retribuzione mensile di riferimento;
- concordare se parametrare l’incentivo all’esodo all’indennità supplementare (per un approfondimento: L’indennità supplementare in favore del dirigente) prevista in caso di licenziamento illegittimo ed eventualmente sommare quest’ultima all’indennità di mancato preavviso (per un approfondimento: L’indennità di preavviso in favore del dirigente), ovvero ad una frazione di queste ultime;
- l’eventuale riconoscimento (con riferimento alla esatta quantificazione della retribuzione mensile da moltiplicare per il numero di mensilità che compongono l’incentivo all’esodo) di alcuni dei fringe benefits di cui godeva il Dirigente durante la vigenza del rapporto di lavoro (ad esempio: telefono cellulare, auto aziendale, buoni pasto, assicurazioni sulla vita, assistenza sanitaria integrativa, ecc.);
- l’eventuale considerazione dei bonus di fine anno che potrebbero essere riconosciuti in favore del dirigente in quota parte rispetto al momento dell’anno in cui si verifica la risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero, essere considerati al fine dell’esatta quantificazione della retribuzione mensile da moltiplicare per il numero di mensilità che andranno a formare l’incentivo all’esodo;
- il riconoscimento di un importo da concordare a titolo di transazione giustificato sia dall’eventuale contenuto novativo[2] della transazione, sia dalle ulteriori rinunce del dirigente che spesso caratterizzano un accordo transattivo (di solito in una misura compresa tra il 5 ed il 10% dell’importo complessivo dell’incentivo all’esodo);
- la convalida delle intese raggiunte presso una delle sedi indicate dall’art. 2113, c.c. ossia: la Direzione territoriale del lavoro competente (art. 410, c.p.c.), oppure, ai sensi dell’art. 412 c.p.c., le sedi previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle Associazioni sindacali maggiormente rappresentative (c.d. “conciliazione in sede sindacale”), oppure, ancora, innanzi al Collegio di conciliazione e arbitrato irrituale (art. 412 quater, c.p.c.) ed infine presso alcune ulteriori Commissioni di certificazione (art. 82, D. Lgs. n. 276/2003).
La tassazione dell’incentivo all’esodo
Per quanto concerne la tassazione delle somme caratterizzanti l’incentivo all’esodo, la legge le equipara a quelle percepite a titolo di trattamento di fine rapporto sia sotto il profilo fiscale che sotto il profilo contributivo. Pertanto, a livello di contributi previdenziali non vi sarà alcun tipo di maggiorazione dell’incentivo; mentre le somme erogate a titolo d’incentivo saranno assoggettate fiscalmente, ex art. 17, D.P.R. n. 917/1986, a tassazione separata e non all’IRPEF ordinariamente calcolata. Infatti, se queste somme (spesso ingenti) non fossero soggette a tassazione separata, nell’anno in cui vengono erogate, il reddito del lavoratore sarebbe particolarmente ingente e, quindi, l’aliquota Irpef, che è progressiva, aumenterebbe notevolmente. La tassazione separata, dunque, comporta una riduzione delle tasse per il dipendente in quanto l’incentivo all’esodo, così come il TFR, viene tassato in base all’aliquota media di tassazione relativa ai cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto a percepire la somma e non in base all’aliquota dell’anno in cui viene percepito.
Considerazioni finali
Riteniamo che la scelta di concordare con il proprio datore di lavoro la risoluzione del rapporto con un incentivo all’esodo, debba essere valutata con particolare attenzione cercando di ipotizzare le sorti di un confronto giudiziario successivo ad una eventuale impugnazione del licenziamento che potrebbe indurre un Giudice a contenere gli effetti risarcitori di un licenziamento laddove l’illegittimità di quest’ultimo non sia evidente.
per un primo appuntamento gratuito ed approfondimenti: marcopola@npassociati.com – 02.72022469
[1] Art. 2113 cod. civ.:
Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide.
L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volonta’
[2] Si qualifica come transazione novativa quella transazione che determina l’estinzione del rapporto precedente, sostituendosi ad esso integralmente, in modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e l’accordo transattivo