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L’indennità supplementare in favore del dirigente

L’indennità supplementare in favore del dirigente

Presupposti

Lo Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), salvo nell’ipotesi di licenziamento nullo (per un approfondimento si veda: “Licenziamento del dirigente ed art. 18”) o comminato verbalmente, esclude la categoria dei dirigenti dalla disciplina dell’art. 18.

Il licenziamento individuale dei dirigenti, pertanto, trova giustificazione nelle sole ipotesi di cui agli artt. 2118 e 2119 c.c., riguardanti rispettivamente il recesso dai contratti a tempo indeterminato e il licenziamento per giusta causa.

Ad integrazione della disciplina sono intervenuti, negli anni, i CCNL, che hanno imposto ai datori di lavoro l’obbligo di accompagnare il licenziamento con una motivazione idonea, in assenza della quale, il dirigente ha il diritto di rivolgersi a un Collegio di Conciliazione e Arbitrato, o al Giudice del Lavoro.

Quando il licenziamento è riconosciuto come ingiustificato, sorge in capo al datore di lavoro l’obbligo di corrispondere, in favore del dirigente, un’indennità supplementare alle spettanze contrattuali di fine lavoro, una tutela di natura risarcitoria che non costituisce reddito imponibile del dirigente.

La nozione di “giustificatezza”

È importante sottolineare come la nozione di “giustificatezza” del licenziamento, per la categoria dirigenziale, non coincida necessariamente con i concetti generali di giustificato motivo o di giusta causa.[1] (Come già precisato in: “Licenziamento del dirigente ed art. 18”)

Nello specifico, per valutare la spettanza dell’indennità supplementare, il dirigente dovrà fare riferimento al rapporto fiduciario con il datore di lavoro, oltre che ad un corretto bilanciamento tra il principio di correttezza e buona fede e la libera iniziativa economica privata.

Il datore di lavoro, se intende essere esonerato dall’obbligo di corrispondere l’indennità supplementare, deve fornire la prova della fondatezza e della veridicità delle motivazioni, nonché della loro idoneità per giustificare il recesso.[2]

La misura dell’indennità

Circa la quantificazione dell’indennità, è necessario fare riferimento alle disposizioni dei contratti collettivi. I più diffusi sono il CCNL Dirigenti Industria e il CCNL Dirigenti Aziende del Terziario della Distribuzione e dei Servizi, che, di recente, peraltro, hanno subito importanti modifiche.

Con riferimento, per esempio, al CCNL Dirigenti Industria, l’art. 19 comma 15, prevede che, dal gennaio 2019, le mensilità (pari all’ultima retribuzione di fatto percepita dal dirigente) aumentino al progredire dell’anzianità di servizio, secondo i criteri che seguono: (i) anzianità fino a 2 anni: 4 mensilità; (ii) anzianità da 2 a 6 anni: da 4 a 8 mensilità; (iii) anzianità da 6 a 10 anni: da 8 a 12 mensilità; (iv) anzianità da 10 a 15 anni: da 12 a 18 mensilità; (v) anzianità oltre 15 anni: da 18 a 24 mensilità.[3]

Le disposizioni del CCNL Dirigenti Industria, inoltre, escludevano l’attribuzione dell’indennità supplementare nel caso in cui i dirigenti avessero superato i 67 anni di età e nel caso del licenziamento collettivo. Oggi è stato eliminato il riferimento al superamento dei 67 anni. Viene, pertanto, mantenuto solo il riferimento al possesso dei requisiti di legge per aver diritto alla pensione di vecchiaia ordinaria.

Anche per il CCNL Dirigenti Aziende del Terziario della Distribuzione e dei Servizi le mensilità da corrispondere variano in relazione all’anzianità del servizio prestato in azienda e sono così determinate dall’art. 39: (i) anzianità fino a 4 anni: 6 mensilità; (ii) anzianità oltre 4 anni e fino a 10 anni: 8 mensilità; (iii) anzianità oltre 10 anni e fino a 15 anni: 10 mensilità; (iv) anzianità oltre 15 anni: 12 mensilità.

Tale contratto collettivo prevede un aumento automatico dell’indennità supplementare dopo 12 anni di servizio prestato, nella seguente misura: (i) 4 mensilità se il dirigente ha un’età compresa tra 50 e 55 anni; (ii) 5 mensilità se il dirigente ha un’età compresa tra 56 e 61 anni; (iii) 6 mensilità se il dirigente ha un’età oltre 61 anni.

Le modalità per ottenere la predetta indennità comportano l’impugnazione per iscritto del licenziamento (entro 60 giorni dal ricevimento della lettera di recesso) con successiva iniziativa innanzi all’Autorità giudiziaria tesa a provare l’illegittimità del licenziamento.[4]

L’aumento automatico dell’indennità in relazione all’età del dirigente licenziato è ora previsto anche dal CCNL Dirigenti Industria nel caso in cui l’età del lavoratore risulti compresa tra i 50 e i 59 anni, nelle seguenti misure: (i) 7 mensilità in corrispondenza del 54° e 55° anno compiuto; (ii) 6 mensilità in corrispondenza del 53° e 56° anno compiuto; (iii) 5 mensilità in corrispondenza del 52° e 57° anno compiuto; (iv) 4 mensilità in corrispondenza del 51° e 58° anno compiuto; (v) 3 mensilità in corrispondenza del 50° e 59° anno compiuto.

per approfondimenti: marcopola@npassociati.com – Avvocato del lavoro

[1] Ad esempio, è stato riconosciuto come illegittimo il licenziamento di un dirigente per ragioni di riorganizzazione aziendale che, tuttavia, non era accompagnato da motivazioni obiettive ed effettive ricollegabili ad interessi (verificabili) meritevoli di tutela.

[2] Cass. Civ., Sez. Lav., 11 febbraio 1991, n. 1397, in Banca Dati Pluris Online.

[3] Fino al 31 dicembre 2014, lo stesso articolo prevedeva che la misura dell’indennità dovesse essere graduata tra un minimo e un massimo, in base alle valutazioni del Collegio nel caso concreto.

[4] Nei CCNL è anche prevista la facoltà, per i dirigenti, di rivolgersi ad un Collegio Arbitrale per accertare la illiceità del licenziamento.

 

 

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