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Retribuzione dello straordinario del dirigente

Retribuzione dello straordinario del dirigente

Con questo contributo ci chiediamo se il Dirigente ha diritto a ricevere un compenso extra in caso di ore di lavoro fornite dopo le consuete 40 ore settimanali, ovvero al di fuori dell’orario ordinario. In altre parole, ci chiediamo se esiste un diritto alla retribuzione dello straordinario del Dirigente.

Facciamo prima un passo indietro e inquadriamo la fattispecie del lavoro straordinario.

Il lavoro straordinario in genere

Le prestazioni eccedenti il normale orario lavorativo – per il quale la legge prevede il limite delle otto ore giornaliere e delle quaranta ore settimanali, limite modificabile in senso riduttivo dalla contrattazione collettiva – configurano il cosiddetto “lavoro straordinario”.

Come stabilito dall’art. 2108 cod. civ., il prestatore di lavoro che compie i suddetti straordinari ha diritto ad un compenso maggiorato rispetto alla retribuzione ordinaria e, in aggiunta o in alternativa ad esso, i contratti collettivi possono consentire di usufruire di riposi compensativi. La regola è quella secondo cui «il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro»[1]: la legge, dunque, rinvia ai contratti collettivi la determinazione dell’ammontare delle maggiorazioni.

Il requisito fondamentale perché il dipendente possa rivendicare il diritto a tale trattamento – economico o compensativo – è la preventiva autorizzazione allo svolgimento di tali prestazioni straordinarie dal datore di lavoro, il quale si assume la responsabilità gestionale e contabile delle stesse[2]. Tale autorizzazione può essere anche tacita: è difatti sufficiente che il datore di lavoro sia a conoscenza dello svolgimento del lavoro straordinario ad opera del dipendente e non vi si opponga.

Quanto espresso, vale esclusivamente in riferimento alla categoria dei lavoratori dipendenti: sono esclusi dal regime di lavoro straordinario i lavoratori ai quali non si applica l’orario normale[3].

Il lavoro straordinario del dirigente

Il lavoratore inquadrato nella categoria di dirigente non può vantare alcun diritto al compenso per il lavoro straordinario effettuato. A tal riguardo, il concetto di personale direttivo[4] comprende tutti i dirigenti e institori che rivestono qualità rappresentative e vicarie ed altresì gli impiegati che esercitano funzioni organizzative e di direzione del personale[5].

I soggetti – indipendentemente dalla qualifica formale[6] – cui sono attribuite tali attività posseggono un raggio di autonomia incompatibile con ogni ingerenza datoriale su tempi e modalità di espletamento di tali funzioni. Rispetto a queste persone, non è istituzionalmente rinvenibile quell’autorizzazione implicita o esplicita alla prestazione di lavoro straordinario che è la condizione imprescindibile della retribuibilità dello stesso[7].

Tuttavia, l’esclusione dal compenso per lavoro straordinario del personale dirigenziale non ha valore assoluto, essendo soggetta a limiti di ragionevolezza verificabili dal giudice, purché il loro superamento sia stato dedotto e provato dal dirigente[8].

Entrando nel merito di tali limiti, secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale ove risulti che le prestazioni svolte dal dirigente – sottratte, in virtù del suo ruolo, ai limiti propri del normale orario di lavoro – abbiano assunto dimensioni temporali contrarie alla prassi aziendale, abnormi[9] o comunque eccedenti il limite della ragionevolezza a causa della maggiore gravosità e della natura usurante dell’attività lavorativa[10], ne consegue la necessaria spettanza di un compenso.

per approfondimenti: marcopola@npassociati.com – Avvocato del lavoro

 

[1] Art. 5 D.Lgs. n. 66/2003.

[2] Cons. Stato Sez. V, 7 settembre 2007, n. 4702, in Pluris.

[3] Art. 17 D.Lgs. n. 66/2003.

[4] Enunciato dall’art. 1 R.D. n. 692 del 1923 ed espresso dall’art. 3 R.D. n. 1955 del 1923.

[5] Corte d’Appello Roma Sez. Lavoro, 17 ottobre 2019, in Pluris.

[6] A tal proposito, secondo la Suprema Corte «è infondata la tesi che condiziona il riconoscimento della qualifica dirigenziale alla formale investitura da parte dei vertici aziendali. Come affermato da Cass. n. 5809 del 2010, ai fini del riconoscimento della qualifica dirigenziale, è necessario e sufficiente che sia dimostrato l’espletamento di fatto delle relative mansioni, caratterizzate dalla preposizione ad uno o più servizi con ampia autonomia decisionale, e non occorre anche una formale investitura trasfusa in una procura speciale» (Cass. Civ. Sez. Lavoro, 16 settembre 2015, n. 18165, in Pluris).

[7] Trib. Milano, 14 marzo 1998, in Pluris.

[8] Cass. Civ. Sez. Lavoro, 14 febbraio 2011, n. 3607, in Pluris.

[9] Cass. Civ. Sez. Lavoro, 7 giugno 2005, n. 11786, in Pluris.

[10] Corte d’Appello Bologna Sez. Lavoro, 7 maggio 2010, in Pluris.

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